Biblioteche e diritti aletici: una, nessuna o centomila verità?
DOI:
https://doi.org/10.2426/aibstudi-13400Parole chiave:
diritti aletici, pluralismo aletico, veritàAbstract
Due articoli recentemente pubblicati sulla rivista internazionale Libri hanno riassunto e riacceso il dibattito sulle fake news, la post-verità e la neutralità intellettuale dei bibliotecari ospitato pochi anni fa da AIB studi, concentrandosi soprattutto sui temi della maggiore o minore rilevanza del concetto di verità per le biblioteche e dell’opportunità o meno di introdurre fra i principi deontologici dei bibliotecari il rispetto dei ‘diritti aletici’ teorizzati dalla filosofa italiana Franca D’Agostini.
Tali diritti possono essere intesi in senso ‘forte’ o ‘debole’: nel primo caso adottarli sarebbe per le biblioteche problematico sia dal punto di vista tecnico che da quello deontologico, mentre nel secondo caso l’adozione risulterebbe pericolosa e ridondante. Pericolosa per il rischio che i diritti aletici, anche se ‘deboli’, vengano comunque interpretati in modo ‘forte’. E ridondante perché, da una parte, essi non modificherebbero le prassi già vigenti nelle biblioteche e, dall’altra, eventuali temporanee (e rischiose) limitazioni della libertà intellettuale degli utenti motivate da emergenze come l’attuale pandemia potrebbero comunque venire giustificate dal principio della responsabilità sociale, già presente in molti codici deontologici.
Per quanto riguarda, invece, la rilevanza della verità per le biblioteche, la teoria del ‘pluralismo aletico’ è - fra quelle che cercano di definire tale sfuggente, ma ineludibile, concetto - quella più adatta per essere applicata in ambito bibliotecario, perché permette di ‘tradurlo’ con altre proprietà più facilmente esigibili dai documenti conservati dalle biblioteche e dalle informazioni fornite dai loro servizi di reference, come ad esempio l’attendibilità e l’accuratezza.
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