Della definizione di infodemia e del ruolo dei bibliotecari: conversazione con Tina Purnat dell’OMS
DOI:
https://doi.org/10.2426/aibstudi-13855Parole chiave:
infodemia, information literacy, Organizzazione mondiale della sanitàAbstract
Se nel 2017 la parola d'ordine era ‘fake news’, dal 2020 si parla di 'infodemia', un fenomeno diverso, ma pur sempre collegato alla sfera del disordine informativo. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) inaugura nel 2020 un training per infodemic manager nell'ambito della strategia di contrasto alla pandemia di Covid-19. Tina Purnat è a capo del team per la gestione dell'infodemia e, con una formazione in scienza dell'informazione applicata alla medicina, tra i bibliotecari si sente a casa.
Quanto segue è il resoconto di una conversazione con Tina a proposito delle azioni messe in campo dall'OMS e del coinvolgimento dei bibliotecari nei programmi sull'infodemia, della loro partecipazione al training per infodemic manager e di come potrebbero essere coinvolti dal punto di vista dell'OMS. Domande e risposte sono state sintetizzate e integrate con ulteriori riferimenti (bibliografici e non) e approfondimenti su aspetti specifici della questione, alcuni dei quali erano emersi già durante il webinar organizzato a ottobre 2022 dallo SC IFLA CPDWL, che era stato la ragione del primo contatto tra le due parti.
La conclusione è che all'OMS c'è una certa consapevolezza che i bibliotecari possono giocare un ruolo importante sia nel promuovere la competenza informativa in ambito sanitario che nel diffondere informazione affidabile all'interno delle comunità servite. L'obiettivo più grande è aiutare i cittadini ad affrontare consapevolmente le apparenti incertezze generate dalla scienza che nel suo continuo progredire, specie nelle situazioni di emergenza, restituisce risultati che possono talvolta sembrare contraddittori. Le biblioteche sanitarie sono già incluse tra i partner con i quali gestire l'infodemia, ma occorre uno sforzo congiunto tra mondo della salute e delle biblioteche perché sia possibile trovare un linguaggio comune e stabilire buone pratiche di cooperazione anche con tipologie diverse di biblioteche.
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